66 giornalisti uccisi nell’esercizio della propria professione nell’anno 2014. I dati sono dell’organizzazione Reporters sans frontières nel bilancio annuale delle violenze sugli operatori dell’informazione. Ai 66 giornalisti vanno, inoltre, aggiunti 11 collaboratori non giornalisti e 19 citizen journalist. I numeri sarebbero in calo rispetto alle statistiche diffuse negli anni passati. Resta allarmante, però, il numero dei sequestri.
Tra i 66 giornalisti morti nel 2014 ci sono anche due italiani: il fotoreporter Andrea Rocchelli, ucciso in Ucraina, e il giornalista italiano Simone Camilli, ucciso dall’esplosione di un ordigno a Gaza.
Il Paese che detiene il triste record di un maggior numero di giornalisti uccisi è la Siria, con 15 morti, seguita da territori palestinesi (7 morti), Ucraina, Iraq e Libia. Tutt’altro che semplice, dunque, fare informazione per chi svolge l’attività giornalistica in luoghi di guerra.
In aumento – come dicevamo – anche i sequestri: 119 casi nel 2014 a cui si aggiungono 8 citizen journalis; 40 reporter sono tutt’oggi ostaggio in varie parti del mondo.
Due riflessioni brevi brevi a margine:
1. Giornalisti (66) uccisi mentre fanno il proprio mestiere. Da brividi solo a pensarci, vero? Questo dovrebbe aiutarci a fare meglio il nostro lavoro e a capire quanto sia importante il mestiere dell’informazione. Anche in Italia, in un momento così particolarmente delicato.
2. Tra le vittime troviamo anche i citizen journalist. Segno dei tempi che cambiano, di una professione che evolve e che non smette mai di affascinare anche i comuni cittadini.

19 citizen journalist tra le vittime stimate da Rsf nel 2014
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